La revocatoria della cessione di un leasing non dà diritto alla risoluzione del contratto e alla restituzione dei canoni

Esercitate con successo le azioni revocatorie degli atti di cessione di una posizione contrattuale già facente capo al fallito, nessuna facoltà ex art. 72 I.f. – come la scelta di non subentro – appare esercitabile dal curatore in relazione alla posizione contrattuale originaria, non ripristinabile in sé, nemmeno potendo dirsi che essa fosse pendente al momento della dichiarazione di fallimento; né comunque, essa appare oggettivamente essere stata ripristinata, proprio perché già esaurita, in fatto, con la citata risoluzione del leasing e profondamente alterata dai citati pagamenti interinali; non si può quindi postulare che la posizione del curatore sia stata o sia divenuta afferente ad un contratto di nuovo pendente, la sola condizione che permetterebbe – in tesi – l’atto potestativo fonte degli invocati effetti restitutori dei canoni pagati, ma – anche nell’ipotesi – con ogni limite nei casi di adempimenti effettuati a favore della concedente dai cessionari successivi e non solo dalla fallita. Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23485/2021.