Il provvedimento in commento affronta il tema degli effetti che la condotta negligente del Curatore fallimentare riverbera sull’approvazione del rendiconto da egli presentato. Nella specie, il rendiconto non veniva approvato dalla Corte di Appello di Bologna, in quanto le condotte negligenti imputabili al Curatore erano state considerate potenzialmente dannose per il patrimonio della società fallita. Non è stata ritenuta rilevante, infatti, la censura mossa dal Curatore secondo cui nessun danno alle ragioni dei creditori concorsuali si sarebbe verificato nel caso di specie (fatto peraltro smentito dai Giudici di merito). Sul punto, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5129/2022, dando seguito al costante orientamento affermatosi nella giurisprudenza di legittimità, ha affermato che il requisito necessario e sufficiente per la non approvazione del rendiconto è il carattere potenzialmente dannoso della condotta contestata, essendo del tutto irrilevante nel giudizio ex art. 116, co. 4, l. fall. l’accertamento ex post di un danno concreto al patrimonio del fallito. Con la pronuncia che si annota, dunque, viene confermata la soluzione – particolarmente rigida per il Curatore e affermata da costante giurisprudenza – della sufficienza della potenzialità dannosa della condotta del Curatore ai fini della non approvazione del rendiconto. Tale tesi vede quale presupposto il complesso rapporto tra giudizio di approvazione del rendiconto e giudizio di responsabilità del Curatore, che la giurisprudenza di legittimità considera tradizionalmente connessi ma allo stesso tempo radicalmente autonomi.