Questo sangue che impasta la terra aperta

Sono trecento pagine che si leggono d’un fiato. Alla fine, si torna con la risposta al quesito iniziale di un omicidio e qualche altro reato. E qui le strade si dividono: come lettore vengo rinviato ad una prossima puntata, un congedo che accetto sin dal momento in cui ho accondisceso ad entrare nel ciclo di un personaggio che avrà vita futura. Con altre indagini e misteri. Ma la fine del libro resta senza appagamento per un’altra parte: quando vengo invitato a scendere a valle, tornando giù dalla montagna dove mi hanno portato Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli. E lì sono incerto, anche se il loro libro è chiuso ed è inutile risfogliarlo. C’è la parola fine, è vero, l’hanno scritto, ma quella sazia solitudine instillata fin dalla prima pagina non mi lascia. E anche l’operazione del rifare la valigia per il viaggio all’incontrario diviene quasi l’abbandono di un appagamento. Di testa, mi dico che tornerò su appena possibile.